Pedina da giOCA  / Piece

Pedina da giOCA / Piece

Correva l’anno accademico 2012/2013, quando portai a conclusione il mio percorso di laurea in Storia dell’Arte, presentando una tesi sul significato iconologico dei giochi di percorso in età moderna: un argomento sicuramente poco accademico, che, contro ogni aspettativa, mi ha dato e continua a darmi grandi soddisfazioni, permettendomi di continuare a studiare divertendomi!

Ero indecisa sul segno da lasciare a chi mi aveva sostenuto nel mio percorso e aveva accolto questa bizzarra scelta con entusiasmo e, così, decisi di unire l’utile al dilettevole: l’oca in foto è una delle due bomboniere superstiti, rimaste tra le mie mani e conservate gelosamente.

Si tratta di una pedina di legno su base rossa, data l’occasione, realizzata in Germania dall’azienda Spielmaterial.de. Sull’utilità di questo oggetto potreste avere dei dubbi, ma… chi non ha mai perso una pedina da gioco?

Forchetta / Fork

Forchetta / Fork

Il nonno Michele iniziava un pasto solo se alla sinistra del suo piatto c’era questa forchetta. 

Il nonno è nato nel 1921 a Grassano in provincia di Matera; negli anni del dopoguerra è stato costretto ad emigrare in Germania per cercare un lavoro che potesse consentirgli di mantenere la numerosa famiglia. È quindi partito per Francoforte insieme ad altri 5 compaesani, la destinazione finale era una grossa fabbrica metallurgica dove venivano prodotti componenti di automobili e di elettrodomestici. Il nonno usava questa forchetta per i pasti nella mensa della fabbrica. Mi ha sempre colpito il suo attaccamento verso quest’oggetto, penso che per lui simboleggiasse quella parte della vita in cui ha dovuto lottare e rinunciare a tutto per garantire il benessere della sua famiglia e per questo doveva in qualche modo essere sempre presente nei suoi gesti quotidiani, come a celebrare il traguardo raggiunto.

Il segreto delle cose

Il segreto delle cose

“Il segreto delle cose” è un libro di letteratura per l’infanzia, una raccolta di poesie che vedono come protagoniste le cose.

Oggetti semplici e domestici si trasformano e prendono vita grazie al soffio vitale che la scrittrice cilena Maria José Ferrada sa infondere con naturalezza e spontaneità.

Grazie al suo sguardo, che si abbassa sovrapponendosi a quello dei bambini, tutti possono in qualche modo riconoscere una familiarità domestica della propria infanzia in cui: i quadri diventano i francobolli delle case, l’ombrello un fiore di tessuto e le tende le sciarpe delle finestre.

In un gioco di fantasiose associazioni, mai banali nella loro immediatezza, gli adulti ritrovano la loro infanzia e i bambini vedono nobilitato il loro naturale sguardo alle cose, talvolta sottovalutato o ormai dimenticato dai grandi. Le illustrazioni di Gaia Stella completano armonicamente ogni singola poesia. Una lettura consigliata a tutti, quindi, grandi e piccini, anche come invito ad una esplorazione di ciò che ci circonda nella quotidianità con uno sguardo più attento e fantasioso.

D’altra parte: È vero che dentro i bauli si nasconde il museo della casa?

Vasi di Fourcault

Vasi di Fourcault

E’ una delle più antiche collezioni zoologiche conservate all’interno di un museo italiano, ancora intatte dopo più di due secoli. La collezione è costituita da 11 vasi contenenti animali imbalsamati, quasi tutti uccelli, disposti in pose naturali. È un enigma che dura da duecento anni: una collezione di esemplari inseriti all’interno di contenitori di vetro dall’imboccattura a imbuto, molto stretta. L’ipotesi che gli animali siano stati “stirati” e poi rigonfiati con dei ferri all’interno della bottiglia è stata esclusa perché hanno pose assolutamente naturali e piuttosto complicate da ottenere: “Non è come tirare su un veliero in una bottiglia”. In alcuni casi nel vaso è anche inserito più di un animale.

Secondo gli scritti del frate, riuscì per la prima volta a inserire uno di questi animali nella bottiglia solamente nel 1765, ottenendo però la perfezione solamente nel 1771… peccato che… si sia portato il segreto nella tomba.

Canis etruscus

Canis etruscus

Canis etruscus – Cane etrusco

Pleistocene inferiore (2.5/2.4 – 1.0 milioni di anni fa)

Valdarno Superiore, cranio e mandibola

Fra i tanti reperti custoditi all’interno del Museo Paleontologico ce n’è uno particolare che spicca fra tutti gli altri perché è l’unico nel cui cartellino descrittivo è presente anche la parola “TIPO”.

Nonostante sia a tutti gli effetti un “bel tipo”, la parola indica che questo reperto fossile è il primo trovato di una nuova specie e a lui vengono comparati ritrovamenti simili successivi per stabilire se si tratta della stessa specie oppure no.

È arrivato al Museo nel lontano 1839 come dono del Sig. Pieralli, contadino del territorio fra i più attivi nella ricerca e scavo dei tanti fossili presenti in Valdarno.

Dal punto di vista scientifico si può dire che questo canide è molto importante perchè segna l’avvento del “wolf-event”, cioè la modificazione delle compagini dei carnivori europei avvenuto circa 2.5-2.4 milioni di anni fa in seguito all’instaurarsi dei cambiamenti climatici tipici del Quaternario, caratterizzati da oscillazioni di temperatura e progressiva crescita dell’aridità durante le fasi più fredde.

Questo comporta in Europa l’arrivo del Canis. Canis etruscus è in effetti il più antico rappresentante di questi animali. Può darsi che il cane etrusco, che raggiungeva dimensioni paragonabili a quelle di un lupo attuale, fosse un animale sociale come quest’ultimo e dunque che cacciasse in branchi; in questo caso, avrebbe potuto abbattere prede anche notevolmente più grandi di lui, come i cervidi e i bovidi che vivevano nel Valdarno.

Fra le prede predilette dei canidi dell’epoca risultano il “falso” daino di Nesti e il cervo dai palchi a pettine.

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