Buff / Neck gaiter

Buff / Neck gaiter

Questo per qualsiasi persona può essere un semplice buff azzurro con delle greche bianche, già un pó vecchiotto, ha bensì 15 anni!! Non ho mai dato particolare importanza a nessun oggetto, ma questo buff per me rappresenta ogni speranza, ogni gioia ed ogni sogno che porto nel cuore. Mi ha accompagnato in tutti i miei giri e nelle mie più pazze avventure in montagna, solitarie ed in compagnia. Ed è proprio li, in montagna, dove tutte le mie scelte di vita sono state prese, li dove la mente si zittisce ed il cuore batte, li dove tutto diventa più chiaro, semplice e limpido. Ogni volta che lo indosso mi ricorda ogni gocciolina di sudore, ogni lacrima, ogni sorriso, ogni sguardo scintillante di felicità, ogni battito di cuore che ho provato lassù, sopra le nuvole. 

Chiodo / Spike

Chiodo / Spike

Il “sciôr Carlo”, mio nonno paterno, è ricordato negli annali della storia di Como per aver organizzato le prime linee di trasporto pubblico a cavallo nei primi anni del 900. Uomo geniale e lungimirante, amava particolarmente questi animali che importava anche dall’Ungheria dopo averli selezionati sul posto.

Il marchio della sua storica impresa raffigurava la testa di “Moro” un cavallo maremmano di grande pregio; il suo prediletto… da lui domato personalmente.
Questo chiodo che conserviamo con cura arriva da li; è servito per ferrarlo e senza una ragione precisa è stato tramandato di padre in figlio, forse a testimonianza di un glorioso tempo passato. A me piace pensare che porti fortuna.
Grazie Nonno

Occhiali da sole / Sunglasses

Occhiali da sole / Sunglasses

Mio papà ne indossava un paio regalatogli da un collega della royal navy con astine e nasello con inserti in cuoio. Sul grande schermo e nel cinema di seconda mano del sabato in TV, tutti i personaggi che volevano darsi un tono e assurgere a livello “bello e tenebroso” se li infilavano non appena inquadrati in un primo piano ammiccante -quello per cui mia sorella adolescente scimmiottava stridolini in stile “non è la rai”, per intendersi.

I Ray-ban modello aviator avevano esercitato fin da piccolo un fascino potente su di me. Questo poi mi ha portato ad approfondire la loro storia. Inventati proprio per riparare dal sole i primi “cavalieri dell’aria” di dannunziana memoria, sono la sintesi perfetta della funzionalità con l’estetica. Le lenti grandi, quasi a mascherina, di colore verde appositamente studiato per schermare i raggi solari in alta quota; la montatura leggera, necessaria per riporre gli occhiali nelle tasche di una giacca di pelle; alcuni modelli addirittura con un piccolo cerchietto mediale per riporre la matita con cui compilare le carte di navigazione. Queste ed altre le caratteristiche tecniche di quello che iniziava a definirsi per me un vero e proprio oggetto del desiderio.

Da adolescente, non direi proprio ribelle, ma almeno attento a quelle icone di stile che inevitabilmente popolano il walhalla di un giovane sognatore, ho ritrovato i miei occhiali preferiti addosso a James Dean, John Lennon, Jack Nikolson, fino ad arrivare ai divi nostrani come Volonté e l’intramontabile Venditti.
Ricordo che il primo paio mi fu regalato per Natale da mia sorella: occhiali vintage direttamente dal mercato della Montagnola di Bologna, dove lei studiava. Mi sembrava di essere in un film di Paz.
Poi andai io all’università e lì iniziai ad usarli ogni santo giorno. Ormai, quasi senza rendermi conto, gli amici, ma soprattutto quel nugolo di persone che si conoscono di vista nelle aule tristi dei dipartimenti, e che rispondono alla categoria non meglio specificata di “colleghi”, mi dicevano, quando capitava che non li indossassi, la famosa frase: “Senza occhiali non ti riconoscevo”.
Gli Aviator sono pian piano divenuti parte integrante dei miei giorni felici, viaggi, girate in bici, al sole in piazza dei miracoli. E così ancora oggi continuo ad avere più foto con gli occhiali che senza. A volte uscendo di casa, se non lo indosso, mi sento come nudo. Sarà che stanno a me come a Linus la sua coperta, sarà che, come diceva Woody Allen, “il mio naso ha sempre bisogno di compagnia”, io i miei occhiali li porto sempre con me.

Portatovagliolo verde / Green napkin ring

Portatovagliolo verde / Green napkin ring

La mia cosa speciale è verde e di legno. Si tratta di un portatovagliolo ed è speciale perché era della mia nonna. Facevo le elementari e lei mi disse di scriverci sopra il suo nome. Ce ne erano anche altri di portatovaglioli, ma io scelsi questo verde perché la mia nonna si chiamava Verdiana. Così nel colore già ci sarebbe stato il suo nome. Anche dopo che è andata via, il portatovagliolo è rimasto nel solito posto, dentro al cassetto in cucina come a dire che per lei si può ancora apparecchiare.

Diapositiva

Diapositiva

Il maestro di fotografia dona ad un allievo uno strumento semplice. Si tratta di una vecchia diapositiva, ormai inutile. Preme il dito sul centro, sul supporto trasparente, lo stacca e resta solo la plastica. “Tieni, facci un buco qui, ci fai passare un cordino. Lo tieni al collo e la usi per inquadrare, ti aiuterà a vedere come devono vedere i fotografi, ti allenerà a inquadrare e a comporre le tue immagini. Lo tieni davanti all’occhio e a seconda di quanto lo allontani è come se cambiassi focale”. 

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