Maschera da sub

Maschera da sub

Grazie al mio lavoro di regista e pittrice ho la possibilità di immergermi nella vita degli altri, così da poter creare delle storie che possano far smuovere ciò che abbiamo nascosto dentro di noi.

Questa mia passione mi porta continuamente alla ricerca di qualcosa, quel qualcosa di indefinibile. Probabilmente è per questo che amo il mare, il mondo subacqueo, perché quando si immerge il corpo in un’altra dimensione la percezione della vita cambia.

La maschera da sub che apparteneva a mio zio mi ha accompagnato durante l’infanzia e anche quando era troppo grande per la mia testa da bambina, la tenevo in camera, la guardavo e attraverso le lenti immaginavo quel mondo subacqueo che bramavo di conoscere.

Ogni volta che indosso questa maschera, che sia fuori o sott’acqua, mi fa estraniare per qualche minuto dal mondo, è come se potessi respirare in maniera diversa, osservare la vita dall’esterno.

Quando ho il corpo immerso nel mare, inizialmente provo una sensazione estraniante ma subito dopo, il battito del mio cuore trova il giusto ritmo. Quei brevi istanti di vita sott’acqua sembrano così lontani dal nostro mondo, ma allo stesso tempo sono molto vicini. Proprio perché mi viene spesso da pensare che si tratta di quel luogo simile a quello in cui eravamo prima di venire al mondo, e tutto questo mi attrae molto.

Temo l’immensità del mare ma ne sono anche attratta. Credo che sia la stessa sensazione che ho della vita stessa.

Ecomuseo di Balme

Ecomuseo di Balme

Balme, ultimo comune della Val d’Ala, più vicino alla Francia che a Torino, è il paese delle guide alpine. Da sempre i balmesi hanno bisogno di conoscere la montagna, di attraversarla: è così che da un’esigenza quotidiana nascono le prime, migliori, guide alpine come Antonio Castagneri (1845-1890).

Questo è anche il focus dell’Ecomuseo di Balme che abbiamo avuto occasione di visitare, intitolato proprio ad Antonio Castagneri.

La nostra guida (museale), nascosta tra le ombre, è Gianni Castagneri: ex sindaco di Balme, ma anche colui che si occupa del museo, perché nelle piccole realtà spesso è una sola persona ad aprire e gestire questi luoghi.
Abbiamo visitato le sale del museo, disposto su due piani: il primo è dedicato alle guide alpine, con attrezzature e abbigliamento di un tempo, il secondo alla collezione etnografica, che raccoglie oggetti di vita quotidiana e numerose fotografie.
Ma ciò che ha attirato la nostra attenzione è stato il magazzino dove sono radunati gli oggetti non esposti nelle sale, tutti donati dai cittadini di Balme. In futuro potranno essere esposti nelle sale, per il momento proviamo a immaginare quante storie sono custodite in questi oggetti…
Molte informazioni e fotografie sono disponibili sul sito:
L’Ecomuseo di Balme | Balme, il paese delle Guide Alpine (ecomuseobalme.it)

Ecomuseo Balme

Ecomuseo Balme

Balme, ultimo comune della Val d’Ala, più vicino alla Francia che a Torino, è il paese delle guide alpine. Da sempre i balmesi hanno bisogno di conoscere la montagna, di attraversarla: è così che da un’esigenza quotidiana nascono le prime, migliori, guide alpine come Antonio Castagneri (1845-1890). Questo è anche il focus dell’Ecomuseo di Balme che abbiamo avuto occasione di visitare, intitolato proprio ad Antonio Castagneri.

Abbiamo visitato le sale del museo, disposto su due piani: il primo è dedicato alle guide alpine, con attrezzature e abbigliamento di un tempo, il secondo alla collezione etnografica, che raccoglie oggetti di vita quotidiana e numerose fotografie.

Molte altre informazioni e fotografie sono disponibili sul sito: L’Ecomuseo di Balme | Balme, il paese delle Guide Alpine

L’inizio dalla scelta bizzarra

L’inizio dalla scelta bizzarra

Nella foto sono mostrati due libri di una delle mie scrittrici predilette: Agatha Christie. Fin da bambina ho sempre amato i racconti gialli, psicologici e di mistero, sia leggerli che guardarli. E l’episodio che racconterò riguarda il modo “bizzarro” con cui ho scoperto questa splendida autrice.

Un giorno andai alla Mondadori, cominciai a cercare una copertina e una trama che potessero colpirmi e quello che mi saltò all’occhio fu il libro “Dieci piccoli indiani” (a sinistra). Mi interrogai molto sul perché fu scelto proprio quel titolo, dicendo: “Il riassunto non fa cenno né parla di indiani…e non capisco come mai dica che sono piccoli”. Mi sembrò addirittura una cosa anche un po’ esagerata; interessante come la “piccola me” abbia anticipato i problemi dietro le traduzioni del tempo. Ma fu proprio per la strana domanda che mi posi e per la grande curiosità, che decisi allora di comprarlo. Scoprii che la parte degli “indiani” aveva un motivo particolare, insieme alla loro piccolezza.

Divorai il libro e mi innamorai della penna e della genialità della Christie. Non avrei mai pensato che quella “bizzarra scelta libraria”, data da un “bizzarro titolo”, avrebbe portato alla scoperta e all’inizio di un amore sconfinato per una fantastica giallista! Continuai leggendo “Assassinio sull’Orient Express” (a destra), e di questo vidi anche il film di Kenneth Branagh e la rappresentazione teatrale (2019) (quello in foto è il biglietto). Così non mi feci mancare nulla. Incentiviamo sempre la lettura e le arti in tutte le forme!

Un registratore vocale

Un registratore vocale

Quello che per me potrebbe rientrare a pieno titolo nella mia lista degli oggetti del cuore è sicuramente un vecchio registratore, di quelli con le cassette e il nastro.

Negli ultimi anni, quasi per timore, ormai trentacinquenne, evito di premere sul tasto per la riproduzione, quasi per paura di rimanere deluso di fronte alla tecnica che, pur sigillando ignara ricordi piacevoli e sentimenti, spesso nella sua gara contro la corsa corrosiva del tempo che passa, esce sconfitta.

Fino a qualche anno fa, quando volevo emozionarmi e provare tenerezza verso ricordi e verso il mio passato, ascoltavo la cassetta in cui registravo le mie telecronache calcistiche. Che effetto e che commozione poter ascoltare la mia voce da bambino cristallizzata per sempre in quel nastro!

A differenza degli altri miei coetanei che spesso sognavano di diventare calciatori da grandi, io a quell’età sognavo di svolgere il mestiere di telecronista sportivo. Mi emozionavo ad ascoltare le telecronache che, con il solo “pennello” della voce, dipingevano azioni, animavano giocatori e raccontavano eventi. Allora ricordo che con un videogioco di calcio per PC di fine anni Novanta facevo disputare le partite nella modalità CPU vs CPU, quindi non giocando direttamente, ma simulando i match al computer.

In quei casi effettuavo io la telecronaca, spiegavo le azioni e le gesta dei piccoli eroi fatti di pixel nel PC, giocatori inesistenti con cognomi che richiamavano abbastanza fedelmente la rispettiva nazionalità. Basti pensare che la nazionale italiana in quel gioco aveva come attaccanti i due bomber Galli e D’Angelo. Chi li ha mai sentiti!

Era tipico del momento storico in cui, salvo alcuni casi, era difficile ottenere le licenze ufficiali per i videogiochi sportivi. Forse questo li rendeva magici, quasi eterni e atemporali, siccome potevi rigiocare a quel gioco senza il pensiero di vorticose girandole di convocazioni, trasferimenti o ritiri degli atleti.

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