Il Parco archeologico di Ostia Antica

Il Parco archeologico di Ostia Antica

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Marina Lo Blundo, funzionario archeologo e responsabile della comunicazione social del Parco archeologico di Ostia antica, per parlare proprio di questo Parco che, a nostro modo di vedere, nasconde molto lavoro nel “dietro le quinte”. Lavoro dato soprattutto dagli spazi complessi, molto vasti, e dalle professionalità molto diverse tra loro…

1) Se dovessi presentare il Parco archeologico di Ostia Antica a chi non lo conosce ancora, come lo presenteresti?
Il Parco archeologico di Ostia Antica è composto da vari siti Archeologici e Monumentali spalmati tra Ostia antica e Fiumicino. Questo fattore, se da una parte arricchisce il sito e lo rende unico nel suo genere, dall’altro determina un discorso di nomenclatura particolarmente confusionario che genera diverse problematiche anche a livello di restituzione dell’immagine identitaria. Il parco si compone di quattro luoghi della cultura importanti: l’area principale è quella di Ostia antica, ma anche l’Area archeologica dei porti di Claudio e di Traiano, la Necropoli di Porto all’Isola Sacra e il Museo delle Navi di Fiumicino, inaugurato proprio lo scorso anno, rivestono un ruolo centrale.

2) So che il Parco di Ostia rappresenta un caso particolare all’interno delle istituzioni culturali italiane, è vero?
Il Parco archeologico di Ostia Antica è un’istituzione particolarmente interessante nel panorama culturale italiano. Si tratta di istituto culturale ibrido perché da una parte attiene alla Direzione Generale Musei, per cui risponde alle leggi museali nazionali, ma dall’altra assume anche una competenza territoriale, simile a quella delle soprintendenze, che lo porta ad agire nell’ambito della tutela, della conservazione e della fruizione pubblica del patrimonio. Il Parco di Ostia, dunque, si caratterizza per una compenetrazione di ruoli e responsabilità differenti.

3) Quali sono le difficoltà connesse a un’istituzione così articolata?
La complessità di questo sito comporta notevoli sforzi gestionali, sia a livello economico che in termini di personale, nodo cruciale per numerosi musei statali italiani. Un ulteriore problema è rappresentato dal verde: vi è una forte compenetrazione tra le aree archeologiche e quelle boschive, per cui la corretta gestione delle aree verdi rappresenta uno dei compiti fondamentali della nostra istituzione. Il verde è una componente essenziale del parco perché genera un ecosistema in cui convivono pacificamente flora e fauna, il che comporta la necessità di raggiungere e rispettare un equilibrato rapporto tra natura e cultura. Una peculiarità che pochi sanno sulle aree verdi di Ostia antica è che da qualche anno abbiamo stipulato una convezione con delle aziende agricole locali finalizzata allo sfruttamento di tali terreni, in maniera tale da poterne trarre dei frutti e non lasciarli incolti e abbandonati a sé stessi. Questo è un dietro le quinte che in pochi conoscono, ma che in termini di valorizzazione del territorio è di particolarmente rilevante.

4) Fondamentale alla gestione di un istituto complesso è certamente il suo organigramma. Il vostro come viene strutturato?
Il personale che collabora alla promozione di questa preziosa istituzione si compone di sette archeologi, quattro architette che si occupano della direzione dei lavori e della tutela paesaggistica, tre restauratrici, un funzionario della valorizzazione che si impegna nello sviluppo di progetti specifici, un funzionario comunicatore che invece gestisce il sito web e le newsletter, un direttore del personale, un ufficio bilancio e un ufficio tecnico al cui interno lavorano anche due agronomi che si dedicano al mantenimento del perfetto equilibrio tra la parte verde e la parte di struttura archeologica.

(photo credit: Parco archeologico di Ostia antica)

La scatolina porta lavoro

La scatolina porta lavoro

Ogni sera, puntualmente, il salotto di casa mia si trasformava nel teatro di una tipica e ordinaria conclusione di giornata, con poche e semplici variazioni. Senza perdere tempo, appena terminata la cena e sorseggiato l’immancabile caffè, ogni componente della mia famiglia si apprestava a mettere in scena con impegno ed energia il proprio ruolo.

Mio padre, con il pigro aiuto di mio fratello, in cucina si occupavano di sistemare gli ultimi piatti, riempire la lavastoviglie e liberare il tavolo delle pietanze che non avevamo consumato, riponendoli accuratamente nel frigorifero. Io, che avevo già svolto i miei compiti pre-cena, dispensata di ulteriori incarichi mi godevo il meritato riposo.

Per ultima mia madre che, dopo aver preparato con cura il pasto, sempre contraddistinto di qualche delizioso manicaretto, si rendeva protagonista della nostra piccola e personalissima commedia casalinga: recuperati gli attrezzi del mestiere, disposti i ferri in posizione, si accingeva a continuare con attenzione il lavoro svolto la sera precedente, non prima di averlo sottoposto ad una verifica approfondita all’ostinata ricerca di qualche errore, che l’avrebbe costretta suo malgrado a disfare per correggere l’imperfezione.

Circondata da gomitoli colorati e ferri di diverse misure, constatata la correttezza del maglioncino fino a quel momento prodotto, si metteva all’opera. Guardare mia madre sferruzzare mi ha sempre stupita e meravigliata: la velocità sinuosa ed elegante delle dita che scorrevano senza intoppi tra fili di lana e ferri, era ipnotica, una capacità che purtroppo non sono mai riuscita ad apprendere. Ho sempre goduto dei frutti della sua gioiosa fatica. Nelle serate più speciali recuperava da un’anta nascosta e ben custodita dell’armadio in corridoio, una preziosa scatolina, ultimo oggetto del suo equipaggiamento.

La scatolina porta lavoro, in legno laccato rosso, presenta un’elegante macchina da cucito stampata sul coperchio finemente decorata, attorniata da rocchetti e un tessuto in lavorazione. L’apertura ad incastro svela il suo meraviglioso e colorato contenuto, organizzato accuratamente nei rispettivi scomparti: bobine di fili colorati, puntaspilli di velluto, spilli, aghi per il cucito, forbicine, nastrini, bottoni e bottoncini di diverse misure e materiali. Questo oggetto sanciva l’ultima fase di produzione dell’agognata creazione, che avevo visto formarsi in ogni sua parte, sera dopo sera. Gli strumenti in esso custoditi guidavano la composizione di maniche, retro e fronte in un’unica meravigliosa opera.

Il ricordo di queste serate di bambina si è risvegliato anni dopo, in occasione di una visita guidata piuttosto speciale per me: emozionata e agitata insieme, mi trovavo nelle sale di un museo per studiare la collezione e carpirne tutti i segreti, in preparazione alle visite che avrei dovuto svolgere personalmente. Era il 2019, un anno che avrebbe certamente cambiato tanti aspetti della mia vita, e giravo tra le sale di un piccolo e nascosto museo, che nel tempo avrei cominciato a chiamare casa.

Nell’osservazione minuziosa di una vetrina, trovai un oggetto tanto semplice quanto famigliare: una piccola cassettina porta lavoro. L’oggetto è del 1739, in legno intagliato e inciso con articolate decorazioni floreali, due stemmi e due colombe. Il coperchio imbottito, utile puntaspilli durante le varie fasi di lavorazione, è rivestito di tessuto blu e beige con fiori stilizzati e borchie. Non si conosce l’artigiano, non conosco il valore economico dell’oggetto – informazione molto spesso richiesta dai visitatori che guido tra le meraviglie di questa casa museo – ma mi piace sempre ricordare che il suo diritto ad essere osservato e raccontato non è dovuto al suo prezzo.

Oggetti semplici e quotidiani come una scatolina porta lavoro, possono narrare episodi della vita di ciascuno di noi, riportando alla memoria ricordi splendidi, esperienze che hanno definito la nostra storia, da non dimenticare.

Porta utensili in stoffa

Porta utensili in stoffa

Nel mio lavoro di arteterapeuta uso spesso questa cosa: un astuccio porta utensili per modellato. Ho cucito l’astuccio ricavandolo da una vecchia tuta di mio figlio: il tessuto è morbido e resistente. Ogni volta che uso quest’oggetto è per me un momento creativo in cui la memoria del mio passato si intreccia al presente.

Tavolo di cipresso realizzato per il mio lavoro

Tavolo di cipresso realizzato per il mio lavoro

Questo tavolo mi ha accompagnato in un viaggio di storie raccontate in centinaia di opere fatte su commissione o non. Un legame che mi unisce fatto di vibrazioni di energia che racchiude tantissime emozioni. Rappresenta il tavolo dei desideri dalle pennellate alle scritte di pensieri che nel momento mi avvolgono marchiandole su di esso in mezzo alle pennellate.

Translate »
error: Il contenuto è protetto!

Iscriviti alla nostra Newsletter

Iscriviti alla nostra mailing list per ricevere le ultime notizie e gli aggiornamenti.

Privacy

You have Successfully Subscribed!