Forchetta / Fork

Forchetta / Fork

Il nonno Michele iniziava un pasto solo se alla sinistra del suo piatto c’era questa forchetta. 

Il nonno è nato nel 1921 a Grassano in provincia di Matera; negli anni del dopoguerra è stato costretto ad emigrare in Germania per cercare un lavoro che potesse consentirgli di mantenere la numerosa famiglia. È quindi partito per Francoforte insieme ad altri 5 compaesani, la destinazione finale era una grossa fabbrica metallurgica dove venivano prodotti componenti di automobili e di elettrodomestici. Il nonno usava questa forchetta per i pasti nella mensa della fabbrica. Mi ha sempre colpito il suo attaccamento verso quest’oggetto, penso che per lui simboleggiasse quella parte della vita in cui ha dovuto lottare e rinunciare a tutto per garantire il benessere della sua famiglia e per questo doveva in qualche modo essere sempre presente nei suoi gesti quotidiani, come a celebrare il traguardo raggiunto.

Bambina e bambino / Brothers pendant

Bambina e bambino / Brothers pendant

Un piccolo ciondolo di argento smaltato: una bambina e un bambino si danno un bacio, in una posizione che appare un po’ instabile.
Mi è stato regalato da mio fratello di 10 anni, quando ne avevo 16, in un periodo molto triste e complicato della nostra storia familiare. Allora lo accettai felice, apprezzai il gesto, vedevo in quel regalo un oggetto di tendenza del momento.
Nel tempo l’ho conservato con cura e amore, è sopravvissuto a traslochi, spostamenti e a tanta confusione.
Spesso mi sono interrogata su quello che, forse, allora non avevo capito, sul significato che andava oltre “la cosa”.
E’ un ricordo pesante che lascia aperte ancora tante porte.

Valigia / Suitcase

Valigia / Suitcase

Non è una valigia qualsiasi: è quella che mi ha accompagnato nel viaggio più emozionante e più intenso della mia vita. Un viaggio per arrivare dall’altra parte del mondo, lungo due giorni, faticoso, pieno di pensieri e incertezze condivisi con mio marito. Non l’ho comprata: mi è stata regalata da un’amica che anni fa ha compiuto il mio stesso percorso. Prima di partire le ho attaccato un nastro verde, per ritrovarla più facilmente in caso di smarrimento. In realtà,  a metà del viaggio, ho perso il bagaglio con i nostri vestiti, ma questa piccola valigia mi è rimasta sempre vicina: mi ha fatto da cuscino, ha sorretto la mia stanchezza in lunghissime ore d’attesa in  aeroporti sperduti in un paese immenso, ha accolto il mio sconforto per non riuscire a comunicare in una lingua dai suoni difficili da pronunciare;  ha vissuto con me il susseguirsi delle albe, ha visto pianure che si distendevano per ore sotto l’aereo e fiumi minacciosi nel loro grigio corso. Durante il volo è stata chiusa nello scomparto per il bagaglio a mano, ma più volte ho sentito il bisogno di controllare che fosse al suo posto col suo prezioso contenuto di giochi per il bambino che stavo andando a conoscere; il bambino che è il figlio nato non dalla mia pancia, ma dal mio cuore; il bambino che ho amato prima ancora di vederlo, appena mi è stato detto il suo nome, appena mi è stata raccontata la sua storia, appena ho capito il suo coraggio.

Ora la valigia è qui in casa e con me aspetta la sentenza di un giudice, per poter essere riempita di piccoli vestiti e ripartire. Ogni tanto guardo il nastro verde, che le è ostinatamente rimasto attaccato da quel lungo viaggio, e penso che in questa lunga attesa sono come quel nastro: ostinatamente attaccata all’immagine di quel bambino nato dall’altra parte del mondo.

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